Schema

In psicologia lo schema è una struttura cognitiva in cui è contenuta la conoscenza generale riguardo un fenomeno. Tale conoscenza è di tipo astratto, generale, poiché va al di là dei casi particolari. Essa si riferisce agli attributi del fenomeno rappresentato e alle relazioni intercorrenti fra tali attributi. A livello storico-teorico, i principali precursori dello schema sono: 1) il modello confi-gurazionale della formazione delle impressioni (Asch, 1940), relativo al modo in cui gli individui elaborano le componenti della personalità altrui per giungere a un'impressione globale integrata; la persona viene percepita come una singola unità psicologica, in base alla quale verranno interpretate eventuali nuove informazioni in entrata; 2) la teoria dell'equilibrio cognitivo (Heider, 1946), secondo cui diversi elementi, e le relazioni intercorrenti tra essi, possono essere codificati come una singola unità, a condizione che si trovino in una situazione di equilibrio: ad esempio, una triade composta da me, il mio miglior amico e la musica classica è equilibrata se a entrambi la musica classica piace, o se a entrambi non piace; nel caso in cui a uno piaccia e all'altro no, la triade non è equilibrata, e quindi non può essere considerata una singola unità; 3) gli studi sulla memoria di F. Bartlett (1932), in cui viene dimostrato come informazioni complesse vengono riorganizzate e rielaborate allo scopo di formare un'unità coerente e facile da ricordare; la coerenza di tale insieme non è riscontrabile nei dati originali, ma viene fornita da conoscenze astratte e condivise, di matrice culturale, relative al funzionamento del mondo.
Da un punto di vista più generale, il concetto di schema nasce all'interno dell'approccio distico proposto dalla psicologia della Ge-stalt negli anni '20. Secondo tale prospettiva, un fenomeno risulta qualitativamente diverso dalla somma delle sue parti; viene in questo modo rifiutata la logica elementaristica, all'epoca predominante in psicologia, secondo cui i fenomeni possono essere compresi solo scomponendoli nei loro elementi costitutivi. Inoltre, la psicologia della Gestalt sostiene che la percezione è un processo ricostruttivo: quello che percepiamo dipende dal contesto in cui siamo situati, che crea una configurazione in grado di alterare il significato dei singoli elementi osservati. Gli schemi si formano mediante un processo di estrazione di conoscenze generali e di regolarità a partire da singole osservazioni e da variazioni nell'ambiente. La creazione di uno schema, infatti, è collegata a una ricerca di coerenza e di stabilità. Quando uno schema è coerente e ben strutturato, è in grado di fornire, a chi lo utilizza, la sensazione di essere in grado di comprendere se stessi e il mondo circostante, e quindi l'illusione di poter controllare e prevedere l'ambiente. Per svolgere questa funzione, gli schemi devono guidare la percezione e la comprensione della realtà tramite un processo di attiva rielaborazione. Alla base della teoria degli schemi, quindi, vi è l'assunto secondo cui la percezione del mondo non è oggettiva, ma riflette una dinamica tra la mente e ciò che si situa al suo esterno. In genere, tale dinamica avviene al di sotto del livello di coscienza, il che rende le persone inconsapevoli del carattere ricostruttivo della propria attività mentale e fa loro credere che le proprie percezioni siano una fotografia fedele del mondo esterno. Da questo punto di vista, l'utilizzo degli schemi può essere fuor-viante e fonte di equivoci comunicativi, dato che porta a dimenticare che la coerenza e la stabilità non sono caratteristiche intrinseche dei fenomeni percepiti, ma il risultato di un processo di imputazione mentale. E’’ possibile distinguere tra almeno quattro tipologie di schemi. 1) Schemi di persona: si riferiscono ad attributi ritenuti caratteristici di specifici individui (ad es. mio padre). Possono, inoltre, essere relativi a persone all'interno di specifiche situazioni (ad es. mio padre al lavoro). Nel caso in cui gli individui appartengano a particolari gruppi sociali, gli schemi di persona sono collegati agli stereotipi, ovvero all'insieme di caratteri-si: iche ritenute tipiche di un gruppo. 2) Schemi di sé: si riferiscono ad attributi e domini specifici rilevanti per la definizione di sé, riguardo ai quali si possiede un'idea ben definita (ad es. noi stessi in quanto generosi; noi stessi quando siamo in vacanza). Non ci sono prove che esista uno schema generale In cui sono inglobate tutte le informazioni relative al Sé. Sembra invece che vi sia un vasto repertorio di Sé, tra cui emerge o viene scelto, a seconda della situazione, un Sé operante. Un esempio di applicazione della teoria degli schemi al Sé è dato dallo studio della depressione. Secondo J. Bargh e M. Tota (1988), la depressione è caratterizzata da uno schema di sé organizzato intorno a dimensioni negative, non dal fatto che le valutazioni negative influenzano in modo per-vasivo qualsiasi esperienza. Nella depressione, quindi, i concetti positivi sarebbero comunque attivi, ma non inclusi nello schema di sé. 3) Schemi di ruolo: si riferiscono alle caratteristiche e ai comportamenti attesi sulla base del ruolo sociale rivestito da un individuo. Questi ruoli possono essere acquisiti (ad es. in base alla professione svolta) o ascritti (ad es. in base al proprio colo-te della pelle o alla propria classe sociale).
Essendo relativi a persone inserite in categorie sociali, gli schemi di ruolo si avvicinano agli schemi di persona, soprattutto per quanto riguarda il loro legame con gli stereotipi. 4) Schemi di eventi o scripts: in questo caso non vengono coinvolte persone, ma situazioni sociali. Gli scripts descrivono le sequenze di eventi appropriati a una situazione ben conosciuta (ad es. come ci si comporta al ristorante, al cinema, a un colloquio di lavoro).
In che modo gli schemi guidano la percezione e la comprensione della realtà? Influenzando tre importanti processi cognitivi: la codifica di nuove informazioni, la memoria delle informazioni possedute e le inferenze sulle informazioni mancanti. Per quanto riguarda la codifica, gli schemi determinano, fin dai primissimi momenti della percezione, gli oggetti verso cui viene diretta l'attenzione, quindi la selezione delle informazioni in entrata; in particolare, l'attenzione viene rivolta prevalentemente verso elementi rilevanti per lo schema (ad es. di un avvocato sarà notata subito l'eloquenza), mentre gli elementi irrilevanti vengono ignorati (ad es. il colore dei capelli dell'avvocato). Relativamente alla memoria, si verificano effetti paralleli a quelli rilevati per la codifica: le persone tendono a ricordare le informazioni rilevanti per lo schema, e a dimenticare quelle irrilevanti. Tali distorsioni nel ricordo sono maggiori se lo schema è esplicitato fin dal principio, ma sono presenti anche se esso viene proposto nella fase di rievocazione delle informazioni, il che dimostra la presenza di processi ricostruttivi a livello mnestico che non dipendono unicamente dalla fase di codifica iniziale. Nel caso della memoria, inoltre, quando si considerano le informazioni rilevanti è di notevole importanza la distinzione tra quelle coerenti e quelle incoerenti. A tale proposito, si rilevano risultati apparentemente contraddittori: in alcuni casi, il ricordo è migliore per le informazioni coerenti, mentre in altri vengono rievocate meglio quelle incoerenti. In realtà, questi effetti dipendono da quanto lo schema è stabile e consolidato. Quando lo schema è debole, o non del tutto formato, le informazioni incoerenti ricevono particolare attenzione, in quanto indici del fatto che lo schema in costruzione potrebbe non essere corretto, e quindi rivelarsi inutilizzabile. Quando le impressioni iniziali si stanno rafforzando e i giudizi cominciano a consolidarsi, le persone tendono a convalidare le proprie conoscenze preesistenti e quindi focalizzano la loro attenzione sulle informazioni coerenti, che saranno favorite in successive prove di ricordo. E’’ solo quando lo schema è ben appreso e stabile che le persone possono nuovamente dedicare attenzione alle informazioni inusuali. In questo caso, però, il fatto di pensare in modo approfondito alle informazioni incoerenti è legato al tentativo di spiegarle e giustificarle, di farle rientrare all'interno dello schema preesistente. La conseguenza di questo processo cognitivo di rimuginazione è che le incongruenze vengono associate in memoria agli altri elementi dello schema, il che ne favorisce la successiva rievocazione. Quest'ultimo processo è particolarmente dispendioso da un punto di vista cognitivo, e quindi è plausibile che sia messo in atto solo in determinate condizioni: se, come si è detto, lo schema è ben appreso, il che rende disponibili le energie cognitive necessarie per la rimuginazione (un esempio potrebbe essere quello dell'esperto d'arte che osserva gli elementi anomali in un possibile falso, dando per scontati quelli «regolari»), o se è presente una motivazione a cercare di risolvere le incongruenze (ad es. se si ha l'obiettivo di formarsi un'impressione accurata e generale, come nel caso di un magistrato che deve fornire un giudizio di colpevolezza). In definitiva, sembra che l'andamento del ricordo delle informazioni incongruenti sia curvilineare, a U rovesciata: elevato quando lo schema è in via di formazione, ridotto quando lo schema inizia a consolidarsi, di nuovo elevato quando lo schema è ormai stabile e ben appreso (Fiske e Taylor, 1991). L'ultimo processo cognitivo su cui gli schemi esercitano la loro influenza è l'inferenza relativa alle informazioni mancanti. In questo caso, l'applicazione di uno schema fa si che, in presenza di uno stimolo dotato di alcune caratteristiche tipiche, sia possibile inferire la presenza di altre caratteristiche altrettanto tipiche, ma non immediatamente disponibili (ad es., a partire dall'aspetto fisico di una mela, dalla sua conformazione e dal suo profumo siamo in grado di stabilire che è commestibile, anche se non l'abbiamo ancora assaggiata). Gli schemi presentano alcune sovrapposizioni teoriche con altri costrutti rilevanti in psicologia sociale cognitiva: i «prototipi» e i «concetti». Perché un determinato schema venga applicato, uno stimolo deve essere categorizzato all'interno di una classe prestabilita (ad es., solo se un luogo pubblico viene classificato come ristorante è possibile applicare lo script relativo). Tale processo di categorizzazione avviene sulla base di un confronto con il prototipo, che è una rappresentazione astratta relativa a ciò che può plausibilmente far parte di una categoria. Schemi e prototipi presentano però un'importante differenza: i prototipi sono costituiti da liste non organizzate di molti elementi, mentre gli schemi contengono meno informazioni, ma collegate tra loro all'interno di una struttura (Smith, 1998). Proprio in virtù della loro organizzazione interna, gli schemi si differenziano anche dai concetti, che possono essere definiti in modo più generico come delle rappresentazioni mentali di categorie, comprendenti le credenze circa le caratteristiche degli elementi inclusi al loro interno. Un limite della teoria degli schemi è quello di considerare quasi esclusivamente l'influenza di conoscenze preesistenti sulle nuove informazioni, senza investigare il processo inverso. Tale teoria si occupa, infatti, di un particolare tipo di elaborazione cognitiva, in cui è fondamentale il ruolo delle aspettative e delle conoscenze precedenti. Questa modalità di elaborazione viene definita top-down, o guidata da una teoria. Esiste, però, un'altra modalità di elaborazione delle informazioni, definita bottom-up, che è guidata dai dati e che mostra di conseguenza una notevole sensibilità alle qualità specifiche di stimoli nuovi. L'elaborazione top-down è utile alla percezione semplificata del mondo, che altrimenti sarebbe troppo complesso per le capacità cognitive umane, e ha il notevole vantaggio di creare nell'ambiente una stabilità, una struttura, un ordine, che di per sé non esisterebbero. D'altra parte, se le nostre percezioni fossero unicamente guidate da teorie, non sarebbero sensibili ai cambiamenti ambientali. Un errore che spesso viene compiuto è di considerare le due modalità di elaborazione delle informazioni, top-down e bottom-up, come alternative.
In realtà, entrambe sono fondamentali nell'interazione tra l'uomo e l'ambiente e possono essere eseguite in parallelo, permettendo sia di dare una struttura interpretativa stabile all'ambiente, sia di essere pronti a coglierne eventuali novità. Sembra che questi processi abbiano dei precisi correlati neurologici: recenti studi, infatti, hanno mostrato come il sistema neo-corticale sia preposto all'attivazione di categorie apprese, mentre il sistema dell'ippocampo serve a codificare i nuovi stimoli in entrata. Il fatto che tali processi siano distinti, ma complementari, è dimostrato dal fatto che spesso si rilevano delle dissociazioni tra giudizi generali, schematici, e il ricordo di informazioni specifiche. Questa discrepanza è dovuta al fatto che i due sistemi di elaborazione delle informazioni possono essere attivati in parallelo: gli stessi stimoli possono essere sia immagazzinati in modo analitico, considerando i loro dettagli (memoria episodica), sia confrontati con una struttura schematica preesistente, ed eventualmente inseriti al suo interno (memoria semantica).
Un altro possibile limite degli schemi riguarda la loro generalità: sono applicabili a tutte le culture umane ? Secondo R. Nisbett et al. (2001), nel pensiero moderno sono identificabili almeno due modalità di pensiero. La prima, che dall'antica Grecia si è estesa a tutta la cultura occidentale, è definita «analitica»: i fenomeni vengono distinti dal contesto in cui sono inseriti, oggettivati e inseriti in più ampie categorie astratte; queste astrazioni permettono di cogliere le regolarità dell'ambiente, di spiegarlo e di renderlo coerente e stabile. La seconda modalità di pensiero, che si è sviluppata nell'antica Cina e ha poi influenzato ampie zone dell'Asia orientale, è definita «olistica»: orientata al quadro globale, considera importanti soprattutto le relazioni tra i fenomeni e il contesto; si basa su conoscenze concrete, accettando i cambiamenti contestuali e rifiutando le astrazioni generalizzate. A prima vista, gli schemi sembrano avvicinarsi a uno stile di pensiero orientale, dato che riguardano le relazioni tra le parti, fanno riferimento a una visione sintetica dell'ambiente sociale e rifiutano la logica elementaristica. Tuttavia, le relazioni tra gli elementi sono importanti solo all'interno di uno schema, mentre non viene considerato il modo in cui schemi diversi sono interconnessi tra loro. Inoltre, in accordo con la mentalità occidentale, lo schema è visto come un tutto integrato e coerente, senza contraddizioni, in cui eventuali incongruenze devono essere risolte. Infine, rappresenta un'astrazione che va al di là dell'informazione data, è funzionale a una ricerca di regolarità nell'ambiente, fa riferimento alla pretesa di cogliere e spiegare la realtà. In definitiva, gli schemi fanno riferimento a una matrice culturale occidentale, il che li rende difficilmente applicabili a tutto il genere umano.
Alcuni punti da chiarire relativamente agli schemi riguardano: 1) la loro formazione, 2) la possibilità di integrarli con le teorie piti recenti sulle rappresentazioni mentali, e 3) il loro legame con i fattori di tipo motivazionale. 1) Generalmente, si assume che gli schemi vengano ricavati a partire da singole esperienze che, ripetute nel tempo, danno la possibilità di estrarre delle regolarità che poi fungeranno da guida nell'elaborazione di informazioni future. Tuttavia, è indubbio che gli schemi possono anche essere trasmessi socialmente, sia nelle relazioni interpersonali, sia mediante i mezzi di comunicazione di massa. Sarebbe quindi utile considerare gli schemi come un prodotto sia dell'attività cognitiva di singoli individui, sia dei processi di costruzione e condivisione sociale della realtà. 2) Gli studi più recenti nell'ambito della psicologia cognitiva hanno abbandonato l'idea secondo cui i concetti sono rappresentati in modo fisso in memoria. In alternativa, vengono proposti dei modelli «connessionistici», in cui i concetti emergono all'interno di una rappresentazione distribuita, un pattern di attivazione attraverso un insieme di unità all'interno di un modulo. I concetti sono rappresentati proprio da questo pattern di attivazione e non sono immagazzinati all'interno di reti definite. Metaforicamente, se uno schema può essere ben rappresentato da un puzzle, i cui elementi distinti sono interconnessi e danno luogo a un'immagine globale, il sistema di rappresentazione distribuito è paragonabile a uno schermo televisivo formato da pixel, in cui l'immagine è data dall'attivazione di singole unità interconnesse e corrisponde a un particolare stato del sistema. E’’ evidente la differenza: mentre le tessere di un puzzle possono dar luogo a una sola immagine coerente, i pixel di uno schermo possono produrre infinite immagini diverse. 3) Privilegiando i processi di tipo cognitivo, spesso si è sorvolato sul fatto che il contenuto degli schemi relativi a tratti e concetti sociali è influenzato da fattori motivazionali. In particolare, le persone sembrano essere notevolmente influenzate, nella costruzione dei loro schemi, dal bisogno di avere una immagine di sé, o autostima, positiva. Ad esempio, l'immagine dell'« amico ideale» (uno schema di ruolo) sarà influenzata dalle caratteristiche della persona che la produce, e conterrà probabilmente alcune caratteristiche che la persona stessa possiede. Da questo punto di vista, nell'analisi degli schemi appare auspicabile l'adozione simultanea di modelli teorici di stampo cognitivo e motivazionale.

ALBERTO VOCI